La sentenza della Cassazione Civile n. 7516/18
Detto ciò, la sentenza sopra citata serve a precisare come non informare il paziente integri una condotta colposa capace di produrre un danno giuridicamente rilevante. Ma se il paziente possegga già, per suo conto, informazioni atte a renderlo edotto circa le conseguenze delle sue scelte sanitarie, non potrà richiedere il risarcimento del danno al medico per il fatto della mancata o parziale informazione. In tal caso non si scrimina, (ovvero non si rende non giuridicamente rilevante il comportamento del sanitario) ma lo stesso comportamento non diviene momento causalmente correlato all’evento dannoso. Acquisisce rilevanza, in altri termini, la consapevolezza del paziente che sapeva, anche se non correttamente informato dal medico, quali fossero le conseguenze svantaggiose della sua scelta.
Professione infermiere: alle soglie del XXI secoloLa maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa. Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014. Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore 32.00 € 30.40 € |
La consapevolezza del paziente circa la scelta del proprio trattamento sanitario
Nel caso di specie la Corte ritiene che la paziente, un’ostetrica con anni di esperienza, non potesse non avere consapevolezza delle possibili conseguenze della propria scelta sanitaria, che si era tradotta nella volontà di sottoporsi ad intervento chirurgico di sterilizzazione mediante chiusura delle tube e che aveva comunque condotto negli anni a seguire ad una nascita indesiderata e ad una flebite all’arto inferiore sinistro.
La prova presuntiva
Mediante la sentenza in esame il Giudice ha voluto dare vita ad un altro significativo chiarimento circa il carattere del consenso informato. La Suprema corte ha evidenziato, infatti, come sebbene in linea di massima il consenso informato del paziente non possa essere presunto, potrà essere il medico, chiamato a sciogliere i dubbi circa la propria responsabilità, a provare in via presuntiva che l’informazione circa le conseguenze del trattamento sanitario siano state rese in maniera adeguata. Il tutto in ossequio al dettato normativo di riferimento che all’art.2727 del codice civile fa’ esplicita menzione di come tali presunzioni o prove indirette debba essere intese: “le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignorato“.
Sul consenso informato leggi anche http://www.dimensioneinfermiere.it/il-consenso-informato-del-paziente-cosa-deve-sapere-infermiere/
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