Shock: guida completa alla gestione medico-infermieristica del paziente

Redazione 11/05/21
Lo shock è una sindrome clinica ad etiologia multifattoriale; la serie di sintomi e segni
che lo caratterizzano spesso è rilevabile ed identificabile clinicamente già in ambito preospedaliero o nelle prime fasi del ricovero in Dipartimento d’emergenza-urgenza.
Esso rappresenta la “via finale comune” che molte patologie possono seguire per
determinare un’insufficienza cardiovascolare severa e, talora, anche fatale.

È noto peraltro che lo shock ipovolemico (emorragico in particolare) e quello cardiogeno
rappresentano le forme più frequenti e severe. Sappiamo che il 10-15% degli infarti acuti
del miocardio va incontro ad un shock cardiogeno e che circa il 30% degli eventi fatali che
avvengono precocemente dopo un politrauma è riconducibile ad una condizione di shock.
Lo shock settico rappresenta la maggiore causa di morte nei Reparti di Rianimazione.
L’anafilassi si verifica con una frequenza pari a 1:3.000 ricoveri in ospedale

Definizione e fisiopatologia dello Shock

Si definisce lo stato di shock come “incapacità del sistema circolatorio di mantenere un’adeguata perfusione efficace agli organi, ai tessuti ed alle cellule dell’organismo”. Ovvero “una sindrome clinica a patogenesi multifattoriale, ad evoluzione progressiva solo parzialmente reversibile, caratterizzata da una grave disfunzione della bio- energetica cellulare sistemica conseguente ad uno stato di insufficienza macro e micro- circolatoria” (BALZANELLI M.G., CORAGGIO F., 1998).

I meccanismi fisiopatologici che possono condurre ad una ridotta perfusione tissutale
sono:

1. riduzione del volume ematico circolante;
2. incapacità del cuore a garantire una portata sufficiente (per ridotto inotropismo,
alterazioni del pre-carico e del post-carico);
3. ostacolato riempimento cardiaco;
4. vasodilatazione generalizzata con conseguente squilibrio fra il volume ematico normale e l’aumentata capacità del letto vascolare;
5. alterata cessione di ossigeno ai tessuti;
6. severa ipossiemia centrale.

Tali meccanismi possono agire separatamente o essere variamente associati a seconda della tipologia della manifestazione clinica che ne determina l’avvio. In effetti la
maggioranza degli eventi clinici tende ad aggregare più componenti patogenetiche. È
accertato il susseguirsi di complesse reazioni emodinamiche e bio-umorali tendenti, almeno inizialmente, a mantenere una sufficiente perfusione tessutale.

La costrizione arteriolare nei territori splancnico, renale e cutaneo, la tachicardia, l’aumento della contrattilità cardiaca sono le prime manifestazioni della cosiddetta reazione da stress
che, preservando il circolo cerebrale e cardiaco, rappresentano un positivo contenimento
della patologia.

In caso avverso gli stessi meccanismi di difesa contribuiscono ad attivare fattori umorali e ad avviare severe alterazioni del microcircolo che comportano il deterioramento della perfusione tissutale e successivi danni della struttura biochimica cellulare. In particolare la compromissione della funzione mitocondriale comporta come fattore di cruciale importanza una riduzione della produzione di substrati energetici.

La successiva alterazione delle membrane cellulari e degli endoteli, il viraggio all’anaerobiosi e la conseguente produzione di lattato sostengono il determinarsi di
un’acidosi metabolica. In questo contesto vengono travolti i complessi meccanismi
di regolazione vascolare ed umorale e si avvia una spirale avversa tendente alla non
reversibilità nella quale si configurano un ulteriore rallentamento del circolo e la formazione di microaggregati cellulari e di trombosi capillari.

Il viraggio dello shock verso la fase di irreversibilità sembra in gran parte correlato ad una disfunzione dell’emodinamica splancnica che comporta ischemia della mucosa intestinale con successiva alterata permeabilità ed avvio della disseminazione di endotossine.

Guida al monitoraggio in Area Critica

Il monitoraggio è probabilmente l’attività che impegna maggiormente l’infermiere qualunque sia l’area intensiva in cui opera.Non può esistere area critica senza monitoraggio intensivo, che non serve tanto per curare quanto per fornire indicazioni necessarie ad agevolare la decisione assistenziale, clinica e diagnostico-terapeutica, perché rilevando continuamente i dati si possono ridurre rischi o complicanze cliniche.Il monitoraggio intensivo, spesso condotto con strumenti sofisticati, è una guida formidabile per infermieri e medici nella cura dei loro malati. La letteratura conferma infatti che gli eventi avversi, persino il peggiore e infausto, l’arresto cardiocircolatorio, non sono improvvisi ma solitamente vengono preannunciati dal peggioramento dei parametri vitali fin dalle 6-8 ore precedenti.Il monitoraggio è quindi l’attività “salvavita” che permette di fare la differenza nel riconoscere precocemente l’evento avverso e migliorare i risultati finali in termini di morbilità e mortalità.Riconosciuto come fondamentale, in questo contesto, il ruolo dell’infermiere, per precisione, accuratezza, abilità nell’uso della strumentazione, conoscenza e interpretazione dei parametri rilevati, questo volume è rivolto al professionista esperto, che mette alla prova nelle sue conoscenze e aggiorna nel suo lavoro quotidiano, fornendo interessanti spunti di riflessione, ma anche al “novizio”, a cui permette di comprendere e di utilizzare al meglio le modalità di monitoraggio.   A cura di:Gian Domenico Giusti, Infermiere presso Azienda Ospedaliero Universitaria di Perugia in UTI (Unità di Terapia Intensiva). Dottore Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche. Master I livello in Infermieristica in anestesia e terapia intensiva. Professore a contratto Università degli Studi di Perugia. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane ed internazionali. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.Maria Benetton, Infermiera presso Azienda ULSS 9 di Treviso. Tutor Corso di laurea in Infermieristica e Professore a contratto Università degli Studi di Padova. Direttore della rivista “SCENARIO. Il nursing nella sopravvivenza”. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.

a cura di Gian Domenico Giusti e Maria Benetton | 2015 Maggioli Editore

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Classificazione

Tab. 1 – Classificazione dello shock in base alle cause determinanti

Tipo di shock Causa
IPOVOLEMICO Emorragie interne ed esterne
Ustioni estese
Disidratazione per mancato apporto o perdite renali o gastro-enteriche
CARDIOGENICO Infarto miocardico acuto
Cardiomiopatia di qualsiasi origine compreso il danno
miocardico post-traumatico
Aritmie maligne
Shunts maggiori
Rotture di cuore (setto, parete ventricolare)
Rotture corde tendinee e muscoli papillari
Distacco di protesi
DISTRIBUTIVO Sepsi
Neurogeno
Anafilattico
Insufficienza cortico-surrenalica
Pancreatite acuta
Reazione avversa da farmaci
Tossico (overdose)
OSTRUTTIVO Tamponamento cardiaco
Embolia polmonare acuta massiva
Mixoma atriale
Trombosi di protesi valvolare
Dissecazione aortica
Pneumotorace iperteso
Ventilazione meccanica inadeguata
DISSOCIATIVO Intossicazione da CO, metemoglobinemia
IPOSSIEMICO Patologia polmonare primitiva severa

 

Segni di Shock

La presenza dei segni clinici dipende dall’entità dell’insulto e dalla sua tipologia, dalla
durata del fenomeno, dal grado e dalla fase dei meccanismi di compenso.

Tab. 2 – Segni clinici rilevabili nello shock

Segni Carattere Note
Frequenza cardiaca Tachicardia (in genere presente) Tachicardia elevata (ad es. per
perdite di volume > 30 %).
Nell’IMA inferiore è possibile
bradicardia riflessa
Cute Pallore, sudorazione, cianosi, marezzature
Reazioni orticariodi (anafilassi)
Ustion
Pressione arteriosa P.A. sistolica (< 80-90) P.A. differenziale ridotta, ipotensione ortostatica, rallentato riempimento del circolo capillare Pressione > di 100 non esclude uno shock
Frequenza respiratoria Segnale di allarme il superamento dei 29 atti/m’ Notare se si associano dissociazione toraco-addominale ed uso
dei muscoli accessori respiratori
Sistema nervoso centrale Ansietà e irrequietezza, sete,
sopore (fase di aggravamento)
Diuresi Ridotto flusso urinario (< 20-30
ml/h) ovvero 0.5 ml/kg/h
Turgore giugulari Valore2 Shock cardiogeno
Ortopnea Valore2 Shock cardiogeno
Febbre Valore2 Sepsi

 

Accertamenti di laboratorio

Tab. 3 – Accertamenti laboratoristici utili in fase acuta nello shock

Accertamento Razionale
Razionale Ipovolemia da emorragia
Sodiemia L’aumento è segno di iperosmolarità
Potassiemia Aumento per shock traumatico o emolisi
Calcemia Ridotta per pancreatite e trasfusioni massive
Cloremia Aumento in acidosi metaboliche e diarree profuse
Acido lattico Segnale di ipo-perfusione (> 3-4 mEq/l)
Enzimi sierici Aumento in caso di sofferenza metabolica
Troponina I e T Segnala danno miocardico
Assetto coagulativo Da valutare sempre nel sospetto di CID
Tipizzazione gruppo sanguigno In previsione di eventuale emotrasfusione

 

Esami strumentali per la diagnosi di shock

Tab. 4 – Accertamenti strumentali utili in fase acuta a scopo diagnostico

Accertamento Razionale
ECG Diagnostico per IMA acuto ed aritmie maligne; utile nelle disionie; segni indiretti nell’embolia polmonare
Saturazione O2 Raccomandato il monitoraggio; la bassa perfusione
periferica può falsarne l’interpretazione
EGA Necessaria per valutare ossigenazione (Pa O2), ventilazione (Pa CO2), equilibrio acido-base
RX torace Diagnostico per versamenti pleurici e pericardici, PNX,
aneurismi aortici, edema polmonare, fratture
Ecografia addome Di ruotine dopo un politrauma
Ecocardiografia  Distingue nello shock cardiogeno tamponamenti e quadri di ridotta frazione di eiezione. Può dare indicazioni in caso di embolia polmonare massiva e talora far sospettare una dissecazione aortica
Pressione venosa centrale e polmonare Distingue shock ipovolemico da quello da deficit di pompa; controlla l’efficacia del trattamento

 

Terapia nel paziente in shock

L’apporto supplementare di ossigeno (vedi Parte III, cap. 1) è utile per tutte le forme di
shock. L’ossigeno deve essere somministrato precocemente ed in modo adeguato a
mantenere la saturazione > di 90 mmHg. Vanno controllate le secrezioni, mantenuta la
pervietà delle vie aeree, trattate le flogosi – quando necessario – e limitato l’edema
polmonare. L’ossigeno va somministrato con maschera o canula nasale. Può essere
necessario considerare l’uso della maschera di Venturi.

Un ulteriore supporto respiratorio va preso in considerazione alla constatazione di
un’insufficienza delle prime misure adottate. La scelta della CPAP può riguardare soggetti con respiro spontaneo e sufficientemente collaboranti; in caso contrario si deve
optare per la IPPV (intermittent positive-pressure ventilation) che richiede l’intubazione
e l’anestesia.

Tab. 5 – Indicazioni alla ventilazione meccanica previa intubazione

Indicazione Commento
Insufficienza respiratoria acuta Esaurimento muscolare, confusione, agitazione, ridotto stato di vigilanza
Insufficienza ventilatoria Miastenia o gravi neuropatie (con drastica riduzione della
capacità vitale)
Traumi cranici GCS < 8
Politrauma  Trauma toracico con contusione polmonare estesa
Insufficienza ventricolare sinistra severa Acidosi mista
Shock con insufficienza respiratoria o difficoltà alla gestione delle vie aeree Es. overdose da farmaci

 

Tab. 6 – Presidi terapeutici delle varie forme di shock (X= generalmente accettato, Y= uso controverso)

Tab. 6 – Presidi terapeutici delle varie forme di shock
Tab. 6 – Presidi terapeutici delle varie forme di shock

Il trattamento farmacologico delle fasi iniziali di uno shock deve procedere di pari passo all’identificazione delle cause che lo sostengono valutando se si tratta di problemi
correlati ad alterazioni di:

  • frequenza
  • pompa
  • volume
  • resistenze vascolari

Purtroppo, fatta eccezione per le alterazioni della frequenza cardiaca facilmente
oggettivabili, per i restanti fattori citati (pompa, volume, resistenze vascolari), spesso ci
si deve accontentare di una valutazione di probabilità.

In linea di massima l’alterazione della frequenza, quando rilevata, va trattata per prima. Nel dubbio di una carenza di liquidi è bene somministrarne un carico (cosidetto fluid challenge test) costituito da 750-1.000 ml di cristalloidi in 10 m’ e valutare con attenzione la risposta emodinamica. Il rimpiazzo dei liquidi può essere ottenuto a seconda delle etiologie con sangue, emoderivati o soluzioni bilanciate di cristalloidi.

I farmaci vasopressori sono utilizzati appropriatamente solo se un’adeguata terapia con liquidi non ha recuperato una sufficiente pressione arteriosa. Il loro impiego iniziale comporta l’uso di un singolo farmaco e l’associazione in caso di assenza di risposta; alla dopamina, ad esempio, può essere associata noradrenalina dopo il raggiungimento dei 20 microgrammi/Kg/m’ (vedi Tab. 7). L’utilizzo del bicarbonato è considerato solo per le acidosi gravi e persistenti (pH < 7,2, BE > 10), essendo preferibile ottenere la correzione della causa che sostiene lo shock.

Nella Tab. 6 si sono considerati i quadri clinici di maggiore frequenza e gravità ed i relativi presidi terapeutici. Si tratta di una schematizzazione che adotta delle indicazioni di massima; considerazioni specifiche inerenti alle manifestazioni più frequenti sono riportate di seguito. (Le indicazioni della tabella potrebbero non essere aggiornate con le nuove linea guida o nuove evidenze cliniche, utilizzare solo a fini esemplificativi).

Shock Cardiogeno

Se la storia clinica e i segni indirizzano ad una insufficienza cardiaca provvedere alla
somministrazione di O2 ad alto flusso (10-15 l/min), morfina ev., furosemide. La maggioranza dei quadri risente di tale approccio. Altri farmaci utilizzati nello shock cardiogeno (PA sistolica fra 70-100 mm Hg) sono la dopamina e la dobutamina. In alcune situazioni (PA > 100) è utile associare nitroglicerina o nitroprussiato di sodio con attento controllo dei valori pressori.

In ogni caso i Pz. vanno monitorizzati con controllo ECG, PA e Sat O2. In caso di insuccesso (scarsa risposta della dispnea, ipotensione ulteriore, tachicardia, riduzione della saturazione, viraggio verso una acidosi o aggravamento di quella preesistente) si deve valutare rapidamente il ricorso alla ventilazione.

Un gradino iniziale per questa è rappresentato dalla CPAP con pressione inspiratoria (IPAP) di 10-12 cm H2O ed espiratoria (EPAP) di 4-5 cm H2O. In caso di insuccesso è bene
ricorrere all’intubazione ed alla ventilazione in terapia intensiva. Per l’IMA ST sopralivellato è attualmente considerata indicazione di scelta la PTCA primaria.

Nel BAV totale è necessaria l’inserzione di uno stimolatore temporaneo. In assenza di risposta farmacologia, e dovendo ricorrere ad un By-pass aorto-coronarico (BPAC), il contropulsatore aortico (IABP) rappresenta una utile soluzione ponte in attesa dell’intervento.

Tab. 7 – Rappresentazione schematica dell’attività sui recettori β1-β2, a1-a2 e dopaminergici di
Tab. 7 – Rappresentazione schematica dell’attività sui recettori β1-β2, a1-a2 e dopaminergici

Shock da politrauma

I meccanismi responsabili dello shock nel politraumatizzato sono:

  • IPOVOLEMIA ASSOLUTA – Causata da emorragia con diminuzione del volume
    ematico circolante.
  • IPOVOLEMIA RELATIVA – Lesioni midollari al di sopra di D6 provocano la perdita del
    tono simpatico con conseguente vasodilatazione e aumento della capacitanza del letto
    vascolare che provoca, anche in presenza di una volemia normale, una diminuzione della
    pressione arteriosa (shock neurogeno). Si ricorda che a causa della perdita del tono simpatico all’ipotensione si associa bradicardia o comunque una frequenza cardiaca non proporzionata all’ipotensione; la cute è calda e asciutta soprattutto a valle della lesione.
  • DEFICIT DI POMPA:
    • Pneumotorace e tamponamento cardiaco determinano un ostacolo meccanico al
      ritorno venoso al cuore con conseguente riduzione della gittata cardiaca.
    • Contusione miocardica e ischemia secondaria.

L’ipovolemia assoluta da perdita ematica rappresenta il 90-95% delle cause di shock
nel paziente politraumatizzato (shock emorragico). L’entità della perdita ematica può
essere sottostimata in assenza di emorragie visibili. È necessario comunque tener
conto che la riduzione dei valori pressori non è immediata e che perdite ematiche
cospicue possono non manifestarsi subito con l’ipotensione, quindi vanno ricercati in
ogni politraumatizzato anche altri segni che caratterizzano lo stato di shock: tachicardia, estremità pallide e fredde, cute sudata, tachipnea, ansia.

La soluzione di scelta è il Ringer lattato perché la sua composizione di elettroliti è
simile a quella del sangue; la soluzione fisiologica è un’alternativa, ma se somministrata in grandi quantità può determinare ipercloremia.

Si somministra 1 lt di cristalloidi riscaldati (possibilmente a 39°) in infusione rapida con
sacche a pressione, poi si rivalutano i parametri. Nel trauma cranico l’ipotensione si associa ad un netto incremento della mortalità e degli esiti invalidanti. Nei pazienti con trauma cranico e ipotensione l’obiettivo è raggiungere pressioni sistoliche > 110-120 mmHg o pressioni medie > 90 mmHg. Nei traumi chiusi dell’addome e del torace che fanno sospettare importanti emorragie interne, se non è presente un concomitante trauma cranico non è opportuno elevare i valori pressori al di sopra dei 90 mmHg.

Nei traumi penetranti del torace e dell’addome l’obiettivo è mantenere una pressione
sistolica pari a 70 mmHg, valore che garantisce una sufficiente perfusione cerebrale.
Bisogna infatti parallelamente tener conto del fatto che il sanguinamento per emorragie non tamponabili aumenta proporzionalmente al valore della pressione del sangue
nei vasi e che, in questi casi, esiste il rischio di sostituire in breve tempo buona parte
del volume ematico circolante con conseguente emodiluizione e riduzione della
coagulabilità del sangue.

Tamponamento Cardiaco

Il versamento pericardico cospicuo riduce il riempimento ventricolare e determina anche condizioni di drastica riduzione della portata cardiaca. La terapia medica è di solito sufficiente a controllarlo; in caso contrario si rende necessario il drenaggio.

Shock anafilattico

La sequenza da adottare per la somministrazione dei farmaci inizia con l’adrenalina
che può essere in casi severi iniettata endovena e successivamente in soluzione fisiologica. Questo farmaco in casi estremi ha come via alternativa il tubo endotracheale e
direttamente la trachea attraverso la membrana cricotiroidea.

Sono altresì previsti antistaminici, colloidi e beta 2 agonisti in aerosol nel caso di
broncospasmo. L’uso di idrocortisone è previsto anche se la sua azione di antagonismo di mediatori vasoattivi è lenta; può prevenire reazioni ritardate.

Shock neurogenico

In questa forma di shock l’atropina è il primo farmaco ev. (0,5-1 mg). Seguono colloidi e vasopressori (nor-adrenalina).

Shock settico

Nelle fasi iniziali sono presenti iperpiressia e vasodilatazione. Successivamente l’aspetto clinico vira verso una forma di tipo ipovolemico. Minore ricchezza di segni si registra
nei soggetti anziani e nella immunodepressione. La terapia antibiotica empirica può
essere iniziata solo dopo la raccolta di sufficienti campioni per emocoltura ed
urinocoltura. Gli steroidi (idrocortisone 200- 300 mg/die) in 3-4 dosi/die o in infusione
sono utilizzati in Pz. che malgrado un’ adeguata sostituzione dei liquidi richiedano terapia vasopressoria per mantenere una sufficiente pressione arteriosa.

Colpo di calore

Una forma potenzialmente molto grave di shock si manifesta in corso di colpo di calore. Si tratta di casi con temperatura superiore a 41°. Lo shock è caratterizzato da cute calda, assenza di sudorazione, oliguria ed alterazioni dello stato di coscienza.

Il trattamento consiste in un raffreddamento controllato ma efficace ed infusione di
cristalloidi. Sono possibili eventi aritmici e convulsioni.

Reazioni avverse da farmaci (ADR)

I quadri sostenuti da ADR si possono presentare con ampia variabilità dal punto di vista clinico. In termini patogenetici il meccanismo varia dall’anafilassi alle condizioni di severissimo sovradosaggio.

Il loro trattamento deve basarsi necessariamente sulla conoscenza dell’attività
farmacologia del prodotto determinante la manifestazione clinica.

Il piano assistenziale del paziente in stato di shock

Il piano assistenziale del Pz. in stato di shock durante le fasi più precoci dell’assistenza deve sostanzialmente svolgersi in modo coordinato, rapido, efficiente avendo a mente
un triplice obiettivo:

  • Proteggere il Pz. da critiche ulteriori modificazioni delle funzioni vitali (monitoraggio
    di ECG, PA, Sat O2, diuresi oraria, temperatura, frequenza respiratoria)
  • Pervenire rapidamente ad una diagnosi al fine di correggere, per quanto possibile,
    le cause alla base della condizione patologica
  • Controllare attentamente e ripetutamente:
    • Frequenza cardiaca
    • Pressione arteriosa
    • Frequenza respiratoria
    • Saturazione O2
    • Diuresi
    • Temperatura corporea
    • Glasgow coma scale
    • Colore della cute
  • Identificare i soggetti che necessitano di immediato trattamento intensivo o specialistico (terapia intensiva, trauma center, cardiologia, cardiochirurgia, chirurgia
    vascolare ecc.)
Problema Obiettivo Prestazione Valutazione
intermedia
Variazione
al piano
iniziale e
valutazione
Compromissione
severa della
perfusione
tissutale
Proteggere il Pz.
da critiche
ulteriori
modificazioni
delle funzioni
vitaliPervenire
rapidamente ad
una diagnosi
Somministrare O2
terapiaSistemare il paziente in posizione idonea a favorire il ritorno venoso (salvo EPA)Rilevazione PA, FC, temperatura e saturazione O2
più volte secondo necessitàControllo frequenza respiratoria e
tipo di respirazioneEsecuzione ECG standard

Esecuzione di EGA
Controllo diuresi oraria

Assicurare 2 vie venose di grosso calibro

Somministrare terapia infusionale prescritta e/ o concordata

Valutare GCS

Eseguire prelievi ematici seriati

Preparazione all’esecuzione di
esami diagnostico-strumentali

Raccolta
risultati
accertamenti
Monitorare
Le funzioni:
cardiocircolatoria
respiratoria
cerebrale
Esecuzione nuovo ECG standard –

Rilevazione continua FC, PA,
temp., saturazione O2

Controllo diuresi oraria

GCS

Valutazione pervietà vie aeree

Predisporre per PVC

Confronto
con parametri
rilevati in
precedenza
Confronto
con parametri
rilevati in
precedenza
Identificare i
soggetti che
necessitano di
trattamento
intensivo o
specialistico
Continuare attività di controllo
oppure
Predisporre valutazione polispecialistica
Provvedere alle pratiche di trasferimento protetto
Ansia correlata
all’intensità del
sintomo ed al
timore di morire
Riduzione dell’ansia 1) valutare e documentare il
grado di ansia
2) permettere al Pz. di esprimere ansie e paure
3) favorire il benessere fisico
del Pz.
4) assicurare sonno e riposo
5) insegnare al Pz. a svolgere attività conformi al suo stato patologico
Controllare
costantemente
lo stato di
ansia e
comunicare
al medico se
il paziente
reagisce
psicologicamente alla
condizione
attuale

 

Questo capitolo è tratto dal volume “Medicina d’urgenza per l’infermiere – Percorsi clinici ed assistenziali” a cura di Mario Marzaloni – ed. Maggioli – Fuori produzione.

Bibliografia

1. BALZANELLI M., CORAGGIO F., Lo shock primo approccio in emergenza – Quaderni dell’emergenza, Essebiemme, Noceto (PR), 1998
2. Manuale ACLS, Centro Scientifico Editore, Torino, 1999
3. ALS Advanced Life Support, Manuale di rianimazione cardiovascolare avanzata, Masson,
Milano, 2001
4. ACC/AHA Guidelines for the Management of Patients With ST-Elevation Myocardial Infarction, A Report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Committee to Revise the 1999 Guidelines for the Management of Patients With Acute Myocardial Infarction), Developed in Collaboration With the Canadian
Cardiovascular Society, ACC AHA Practice Guideliness 2004
5. Surviving Sepsis Campaign guidelines for management of severe sepsis and septic shock, Crit Care Med 2004, Vol. 32, n. 3
6. OPIE L.H., GERSH B.J., Drugs for the heart, Mosby, ed. italiana 2002

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