La professione infermieristica è in profonda crisi. Tanto che nessuno si iscrive più ai corsi di laurea, sempre più infermieri si ritrovano a fare di tutto per mollare la professione e i pochi fortunati che abitano a ridosso dei confini se ne vanno a guadagnare fior di quattrini nei paesi vicini; intanto che gli Ordini professionali studiano ricette più o meno improbabili per trattenerli (VEDI Arrestare la fuga degli infermieri in Svizzera? Gli Opi propongono buoni benzina, sgravi sugli affitti e…).
Sulla “questione Svizzera”, che sta rubando sempre più professionisti alla Lombardia, è intervenuto anche il presidente nazionale del sindacato Nursing Up, Antonio De Palma. Lo ha fatto in un nuovo comunicato che riportiamo qui per intero.
«Piove sul bagnato in una sanità italiana che sembra, ogni giorno di più, una nave in difficoltà, che già da tempo imbarca acqua. Quella valorizzazione dei nostri operatori sanitari che stenta a decollare, tra retribuzioni lontane dagli standard europei e carenza di personale che pesa sulla crescita del nostro SSN, finisce con il fomentare, pericolosamente, l’emorragia dei nostri infermieri italiani all’estero.
E se la professione perde di appeal, ogni giorno di più, agli occhi della collettività, la risposta preoccupante dei nostri infermieri, considerati un’eccellenza da parte delle nazioni a noi vicine, nel Vecchio Continente, non può essere altro che quella di cercare, oltre confine, il coronamento delle proprie legittime aspirazioni economiche e contrattuali.
Tra i Paesi che attirano maggiormente le nostre professionalità, lo raccontiamo da tempo, c’è certamente la Svizzera. Stipendi che nella nostra sanità pubblica sono inimmaginabili, nonché possibilità di carriera che corroborano le ambizioni dei nostri giovani infermieri.
La fuga di professionisti, in particolare lombardi, soprattutto nel vicino Ticino, è tutta contenuta nei nuovi dati che gli ordini professionali di Como e Varese, qualche giorno fa, hanno evidenziato in un report recentissimo. I nuovi numeri sono davvero allarmanti.
Parliamo in questo caso di infermieri frontalieri. I dati cantonali confermano il trend in crescita, registrando nel triennio 2020-2022 oltre 350 professionisti della salute (di cui il 90% infermieri) che sono passati oltre confine. Si tratta di un report dai contenuti assai preoccupanti, dal momento che si registra una fuga che supera più del doppio le cifre dei trienni precedenti.
Noi del Nursing Up lo raccontammo all’inizio di quest’anno, con un report frutto di una indagine che ci arrivava questa volta direttamente dai media elvetici. Nell’ambito del proprio piano di rafforzamento sanitario, da mesi la Svizzera ha aperto la “caccia” all’infermiere italiano.
Sul piatto c’è uno stipendio base che prevede almeno il doppio della nostra retribuzione, questo significa 3mila euro netti di stipendio base, per arrivare anche a picchi di 8mila dopo anni di lavoro sul campo e una specializzazione: ma non è solo questo a rendere molto appetibili le offerte di lavoro che arrivano dalla vicina Svizzera.
Si prevedono piani di formazione e aggiornamento costanti, e misure di crescita concreta e anche valorizzazione sia professionale che umana, come l’aumento delle indennità di stage, il sostegno delle riqualificazioni professionali e ancora provvedimenti nell’ambito della maggiore conciliabilità lavoro-famiglia.
Nel Canton Ticino il totale delle persone residenti che hanno un’occupazione è 164.400. Di queste, quasi il 16% lavora in ambito socio-sanitario, ossia 26.000. Ai citati 26.000 vanno però aggiunti quasi 5.000 persone operative nello stesso campo che ogni giorno entrano in Ticino dall’Italia per lavorare nella sanità: moltissimi tra questi sono infermieri. In parole povere 1 persona su 6, tra medici, infermieri e oss, nel Ticino, è di nazionalità italiana.
Non è un caso che sono, ad oggi, 7mila i numeri ufficiali degli infermieri italiani che hanno trovato lavoro all’estero e che hanno scelto autonomamente di vivere lontano dal nostro Paese.
Ma il dato ancora più impressionante è che il 55% di loro non ha alcuna intenzione di tornare, il 30% è in attesa di un concorso per poter rientrare, ma le condizioni offerte dalle nostre aziende sanitarie, in tal senso, non sono certo allettanti, e il 15% è indeciso sul da farsi.
Ma non possiamo guardare solo alla Svizzera come isola felice che attira le attenzioni degli infermieri italiani. Da anni paesi come Germania, Lussemburgo, Inghilterra, non ultime Belgio e Olanda, offrono ai nostri professionisti condizioni di lavoro che da noi sono assolutamente impensabili.
Nel nostro costante monitorare le offerte di lavoro in arrivo dall’estero, poi, ci siamo soffermati su proposte che appaiono assai allettanti, addirittura provenienti da oltre oceano.
La UPMC, leader mondiale dell’assistenza sanitaria, cerca urgentemente Infermieri e Infermiere da inserire nelle sue attività assistenziali. In particolare per posizioni lavorative negli Stati Uniti in diverse tipologie di strutture. I contenuti dell’offerta sembrano allettanti, basta solo leggere che viene offerto un bonus di accesso fino a 15.000 dollari per infermieri con almeno un anno di esperienza.
La situazione è sotto gli occhi di tutti e doverosamente va raccontata alla collettività: la fuga di infermieri italiani all’estero continua ad allargarsi a macchia d’olio. E non possono esistere soluzioni tampone diverse da una reale valorizzazione, un progetto organico costruito intorno alle loro competenze. E’ arrivato il momento di smettere di piangersi addosso, occorre rimboccarsi le maniche per arginare questa emorragia».