Diversi professionisti e scienziati, impegnati in prima linea contro il Coronavirus, hanno espresso in questi giorni il loro punto di vista a La Repubblica (VEDI) circa un eventuale obbligo vaccinale anti-Covid da allargare all’intera popolazione.
‘Non possiamo più difendere la libertà di infettare’
“Ormai non ci sono più scuse. È dimostrato che i vaccini funzionano. Non prevedere l’obbligo vuol dire difendere la libertà di infettare anziché il diritto di curarsi” ha dichiarato ad esempio Guido Rasi, microbiologo dell’università di Roma Tor Vergata (ex direttore dell’Agenzia europea dei medicinali).
“Non vaccinarsi vuol dire rimettere sotto pressione gli ospedali e impegnare risorse che dovrebbero essere usate per curare anche gli altri malati. Questo non è più etico né tollerabile.
Un vaccino costa 20 euro, un ricovero 50mila euro a settimana. I mezzi del sistema sanitario non sono infiniti e vanno dedicati ai malati che più ne hanno bisogno” ha spiegato, facendo leva sull’aspetto economico della pandemia che ha messo in ginocchio il nostro SSN.
‘La decisione va presa una volta per tutte’
Anche secondo Antonella Viola, immunologa dell’università di Padova, si dovrebbe avere il coraggio di prendere una decisione definitiva: “Fra Green Pass, obbligo di vaccino per andare a scuola o a mensa oggi, per entrare in fabbrica o prendere il tram domani, rischiamo di impegnare il Paese in una miriade di discussioni frammentarie.
Tanto vale abbandonare ogni ipocrisia e prendere la decisione una volta per tutte”. Anche perché “Ormai assistiamo a una pandemia dei non vaccinati. “Non è una questione di gusti o di tifo. Che i vaccini funzionino è un’acquisizione scientifica ormai indiscutibile”.
‘Chi non si vaccina limita il diritto alla cura degli altri’
Per non parlare di Francesco Menichetti, primario di malattie infettive all’ospedale universitario di Pisa, che ha toccato il delicato tema della libertà, ma non solo: “Ho visto tagliare le liste delle chirurgie perché non c’erano posti in terapia intensiva. Non vaccinarsi oggi non è più una scelta di libertà individuale. Vuol dire limitare il diritto alla cura degli altri”.
“Chi non è immunizzato oggi è perché lo ha scelto. Ma poi alcune di queste persone arrivano in ospedale. Lì non ti ricordi più delle cose che hai letto sui social. Le amenità sulle iniezioni che sono sperimentali o ti controllano col chip, o sull’Rna che si integra nel tuo Dna, si sciolgono come neve al sole. Tutto quel che desideri, giustamente, è tornare a respirare”.
‘Vaccino obbligatorio? Non deve essere un tabù’
Un po’ più ‘morbido’ è stato invece Giovanni Di Perri, professore di infettivologia all’università di Torino e primario all’Amedeo di Savoia: “I vaccini non sono lo strumento per chiudere del tutto la partita con il coronavirus, ma per metterci una grossa ipoteca sì.
Perché non avere l’ambizione di usarli fino in fondo? La legge prevede obblighi per il ricovero di un paziente con la tubercolosi che non si vuole isolare, per impedire che una persona ubriaca guidi l’auto o che un fumatore accenda una sigaretta in un ristorante. Affrontare la questione anche per i vaccini contro il Covid non deve essere un tabù”.
L’autunno si avvicina…
Ovviamente, prese di posizioni come queste stanno facendo discutere non poco la politica italiana. Una cosa è certa: l’autunno si avvicina e con esso l’eventualità che gli ospedali tornino a riempirsi, che diagnosi e trattamenti per le altre patologie debbano essere rimandati e che le liste delle chirurgie vengano ancora una volta messe in standby.
Per non parlare della scuola, dell’economia e dell’intero paese che si ritroverebbero nuovamente a rallentare e forse a fermarsi.
Possiamo davvero permettercelo?
Autore: Alessio Biondino
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