Stipendi dei neolaureati: netto il divario coi paesi europei, ma gli italiani non accettano più certe condizioni


C’è un notevole divario tra gli stipendi dei neolaureati in Italia e quelli all’estero (gli infermieri ne sanno qualcosa)… Come evidenziato dal Corriere della Sera, che cita il Rapporto Almalaurea, un neolaureato in Italia guadagna in media 1.400 euro netti al mese, rispetto ai 2.174 euro di chi decide di lavorare all’estero. Sebbene gli stipendi dei giovani laureati siano aumentati dal 2022, non sono cresciuti in linea con l’inflazione, comportando una riduzione del potere d’acquisto, similmente a quanto accaduto per la maggior parte degli altri lavoratori.


Il “Rapporto Almalaurea sul profilo e la condizione occupazionale dei laureati in Italia”, presentato presso l’Università di Trieste e citato dal Corriere della Sera, evidenzia come i giovani laureati stiano adottando un approccio più selettivo nel mercato del lavoro. Alla domanda «Accetteresti uno stipendio di 1.250 euro al mese?», oltre la metà dei rispondenti ha dichiarato di no: precisamente il 60% dei laureati di primo livello e il 66% di quelli con laurea magistrale.


Questo dato è in aumento su base annua. Marina Timoteo, direttrice di Almalaurea, ha sottolineato come i giovani laureati siano sempre meno disposti ad accettare lavori “a basso reddito o non coerenti con il proprio percorso formativo”. Infatti, nel primo anno dopo la laurea, sia triennale che magistrale, solo circa un terzo dei laureati accetta una retribuzione massima di 1.250 euro: esattamente il 38,1% dei laureati triennali e il 32,9% dei laureati magistrali.


Inoltre, questi valori sono diminuiti rispettivamente di 8,9 e 6,8 punti percentuali nell’ultimo anno. La disponibilità ad accettare un lavoro non coerente con il percorso di studi è scesa al 76,9% per i laureati di primo livello e al 73% per quelli di secondo livello, con una riduzione rispettivamente di 5,9 e 3,0 punti percentuali nell’ultimo anno. Questo trend ha contribuito, per la prima volta in dodici anni, a una diminuzione del tasso di occupazione a un anno dalla laurea: dal 75,4% al 74,1% per i laureati triennali e dal 77,1% al 75,7% per i laureati magistrali.

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Alessio Biondino

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