Definiamo la contenzione, da Contro la Contenzione di Maila Mislejì e Livia Bicego, Maggioli Editore:
“Per contenzione si intende la limitazione della possibilità di movimento
spontaneo ed autonomo di un individuo. L’Health Care Financing Administration
(2) nel 1992, ha definito la contenzione come “Ogni metodo manuale
o fisico, ogni dispositivo meccanico applicato o adiacente al corpo di un soggetto
che non può facilmente essere rimosso e che limita la libertà di movimento
o il volontario accesso a parti del proprio corpo”.
La contenzione meccanica, ecco i tratti di una materia dalle mille e più implicazioni di carattere giuridico. Partiamo con l’evidenziare come basti il semplice e significativo richiamo ai valori costituzionali (art. 13 Cost.) per poter escludere ogni possibile utilizzo di qualsivoglia forma di contenzione nel nostro paese, proprio perché in contrasto con il significato ultimo del dettato normativo, che sancisce: la libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma di detenzione, né altra forma di restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
Il divieto presenta quindi i connotati rigidi, propri del rango e del valore della norma costituzionale, ma nei fatti, la pratica e l’utilizzo della contenzione meccanica soprattutto su soggetti anziani e su persone affette da disturbi psichiatrici è ancora lontana dal rispondere a questo divieto. Tutto ciò avviene in Italia a causa dell’assenza di una normativa specifica che disciplini la contenzione, determinandone i limiti e i presupposti di applicabilità. Gli aspetti della materia sono così desumibili dal contesto di norme generali applicabili ai singoli casi.
Contenzione meccanica tra responsabilità penali e possibilità d’uso
Quali sono gli effetti della contenzione?
Il vuoto emozionale prodotto dalla contenzione nel paziente (e con ogni probabilità, in misura ancor maggiore, in chi volente o nolente la pratica) trae potere e forza da uno spazio appositamente architettato per renderlo inoffensivo, mestamente passivo, indolente nei confronti di qualsivoglia stimolo.
Risultato? Completo annientamento dell’individualità personale; ecco cosa produce la contenzione: rende il paziente oggetto della sua malattia. Il paziente diventa un involucro la cui ragion d’essere è esclusivamente contenere la malattia che lo riempie:
- Perdita del senso del futuro
- Annichilimento di ogni spinta o propulsione personale
- Assenza di ogni progetto, desiderio o ambizione
Non è raro nel nostro paese che si prescriva la contenzione protocollandola come trattamento terapeutico disposto al fine di preservare il paziente da se stesso. Non mi soffermerò sulla fallacia di tale pensiero medico-scientifico, che venendo analizzato con rigore, lucidità e buon senso cade come un castello di sabbia mal costruito (i miei colleghi, avendone le competenze, l’hanno esposto molto meglio di come potrei fare io), vorrei solo ardire a porre una domanda che per i più risulterà provocatoria, ma per quel che mi riguarda non lo è assolutamente, essendo spinta dalla più pura ed ingenua curiosità:
Cosa proverebbero i fautori di una contenzione “salvifica ed a norma” se venissero legati su una sedia o su un letto, anche solo per un lasso di tempo che non si avvicina minimamente a quello previsto dal reale protocollo di questa barbarica metodologia?
Contenere il paziente? La risposta nella Bioetica della Contenzione
La Contenzione è un intervento infermieristico da attuare per ridurre il rischio di cadute?
La contenzione meccanica e farmacologica viene spesso usata come intervento d’elezione contro il rischio di cadute, come l’uso di spondine e farmaci sedativi. Quando in realtà sono proprio questi strumenti a favorire ed aumentare il rischio:
- un paziente agitato e disorientato scavalca le spondine del letto rovinando da un’altezza più alta del solo letto (se fosse stato senza spondine)
- farmaci sedativi diminuiscono l’attenzione e l’equilibrio aumentando il rischio di cadute accidentali.
Quindi la contenzione non è lo strumento migliore per ridurre il rischio di cadute?
In base all’odierna letteratura: RACCOMANDAZIONE PER LA PREVENZIONE E LA GESTIONE DELLA CADUTA DEL PAZIENTE NELLE STRUTTURE SANITARIE, la contenzione:
deve essere applicata solo ai casi strettamente necessari, sostenuta da prescrizione medica o da documentate valutazioni assistenziali da parte del personale infermieristico, dopo aver corretto le cause scatenanti e adottato ogni possibile strategia assistenziale alternativa a essa. IPASVI
I possibili interventi alternativi alla contenzione quindi andrebbero ricercati, secondo le autrici di “Contro la contenzione“, in un insieme di interventi di natura assistenziale, organizzativa, ambientale, formativa e politica attraverso il coinvolgimento di tutte le figure che ruotano attorno al paziente. Nell’agire pratico invece interventi più semplici e intuitivi, come ricorrere all’utilizzo di letti abbassabili fino al livello del pavimento, sono fondamentali per ridurre il rischio di cadute.
Scala di Conley e Contenzione: Istruzioni d’uso contro il rischio di cadute
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