Tagli alle pensioni? “Infermieri arrivati al limite massimo della sopportazione”


La manovra 2024 del Governo Meloni, che a quanto pare vuole tagliare le pensioni di diversi lavoratori pubblici tra cui gli infermieri (VEDI articolo FNOPI: “Riforma pensioni? Senza modifiche sarà fuga di infermieri e morte del SSN”), continua a far discutere.


Antonio De Palma (presidente nazionale Nursing Up) si è espresso sulla questione minacciando azioni concrete in caso di mancata revisione a favore dei professionisti dell’assistenza: «Dalle prossime settimane una serie di mobilitazioni, sit in, cortei e manifestazioni da Nord a Sud denunceranno apertamente il malcontento dei professionisti dell’assistenza, per ciò che ogni giorno sono costretti a subire nelle Regioni e nelle aziende sanitarie» dichiara il rappresentante sindacale in un nuovo comunicato.


«Senza novità di rilievo – continua De Palma – renderemo pubblico, a partire già dal prossimo 14 novembre, un primo elenco di proteste, presidi, cortei e manifestazioni, da Nord a Sud. Ad aggravare ulteriormente la situazione, in queste ore, giungo pericolose illazioni sull’art. 33 della bozza della Legge di Bilancio, che parlano di possibili revisioni della norma sulle pensioni solo ed esclusivamente a favore della dirigenza medica. Tutto sarebbe partito dalle recenti dichiarazioni del Sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon.


Cosa sta accadendo? Rivedere le proprie posizioni e decidere di “fare dietro front” soltanto rispetto alle reiterate proteste dei medici e ignorare gli appelli dei professionisti dell’assistenza, in relazione a un capitolo così importante come quello delle pensioni, potrebbe non fare altro che acuire una situazione di per se già delicatissima.

Secondo alcune interpretazioni che circolano nel mondo politico, riguardo al comunicato del Sottosegretario Durigon, lo stesso potrebbe svelare la malcelata intenzione di possibili revisioni dei tagli solo in favore della dirigenza medica.


L’ipotesi nefasta dei tagli delle pensioni con la riduzione delle aliquote di rendimento dei contributi versati tra il 1981 e il 1995 potrebbe rappresentare una vera e propria punizione che il personale attualmente in servizio nella sanità pubblica non merita, con una perdita stimabile tra il 5% e il 25% dell’assegno pensionistico annuale, da moltiplicare per l’aspettativa di vita media.

Ci si renda conto, una volta per tutte, che a mancare in Italia sono prima di tutto gli infermieri (da 175mila a 220mila unità come da nostra indagine) e non certo i medici, e che adesso, più che mai, arrivati al limite massimo della sopportazione, gli infermieri non intendono ancora una volta recitare il ruolo delle vittime sacrificali.


Certo è che non accetteremo che una norma del genere, nella sua estrema gravità, sia addirittura rivista solo a favore dei medici e che invece gli infermieri e le ostetriche e le altre professioni dell’assistenza, (quelli che peraltro mancano davvero) subiscano l’onta dell’ennesimo volta faccia. Ora, ad essere arrabbiati più che mai, sono gli infermieri italiani!» conclude il presidente.

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Alessio Biondino

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