Un infermiere in Germania: “Qui gli scioperi sono veri e si ottengono risultati. Il sistema tedesco ha ruoli chiari”


Andrea Di Riso, 37 anni, lavora come infermiere nel reparto di cardiologia del Policlinico universitario di Colonia dal 2017. “Qui mi trovo bene, conosco tante persone e i colleghi sono fantastici. Quella dell’infermiere non è certamente la professione più remunerativa, ma al momento non penso di tornare in Italia” (VEDI Il Fatto Quotidiano). Il suo percorso in Germania è iniziato con un periodo di prova di sei mesi, seguito da un’assunzione a tempo indeterminato. Il periodo più difficile? Quello della pandemia da Covid-19. Ho avuto ripensamenti sul tornare o meno, ma alla fine ho deciso di restare”.


Originario di Sant’Antonio Abate, in provincia di Napoli, Andrea ha studiato infermieristica alla Sapienza, nella sede di Formia-Gaeta. Dopo la laurea ha lavorato in una cooperativa di assistenza domiciliare, ma con partita IVA. “Nonostante volessi tenermi stretto un lavoro che tutto sommato non mi dispiaceva, continuavo a farlo più per abitudine che per altro”, racconta. I turni erano massacranti: Lavoravo sette giorni su sette, era molto pesante. Inoltre, la crisi economica e il blocco dei concorsi lo hanno spinto a cercare un’alternativa all’estero.


Non conoscendo il tedesco, ha iniziato a studiarlo privatamente e, dopo un anno, si è trasferito a Colonia nel dicembre 2016. “Mi ero già messo in contatto con l’azienda ospedaliera dell’Università e ho avuto la possibilità di ricevere informazioni su come funzionasse”, spiega. Il primo impiego è stato come aiuto infermiere, con uno stipendio di circa 1.800 euro al mese, simile a quello di chi in Italia lavora in terapia intensiva. Dopo il periodo di prova, è stato assunto con un contratto stabile. “È proprio nell’assunzione la grande differenza tra la Germania e l’Italia. Qui puoi muoverti liberamente, fare colloqui e se il datore di lavoro ti vuole, scatta subito l’assunzione”.


Il settore sanitario italiano è pubblico e basato sui concorsi, con scarse possibilità di inserimento: “L’ultimo che feci fu per due posti nell’Asl di Firenze e provincia. Eravamo 40mila persone per due soli posti”. Anche in Germania, però, non sono mancate le difficoltà, soprattutto durante la pandemia: “Nel marzo 2020 ho iniziato nel reparto Covid dell’Uniklinik. È stato un periodo pieno di pensieri, mi mancavano la famiglia e gli amici, e ho pensato di tornare”.


Dal punto di vista economico, Colonia è meno cara di altre città tedesche, ma il divario negli stipendi rispetto all’Italia è notevole. “Non si guadagna tantissimo, ma qui ci sono scioperi veri, durati mesi, per ottenere condizioni migliori”. Nel suo reparto, grazie alle proteste, il numero di pazienti per infermiere è sceso da 10-12 a un massimo di 8, e se capita di averne di più, il contratto prevede giorni liberi.


Un altro aspetto che Andrea apprezza è il rispetto per gli infermieri: “In Italia si verificano aggressioni da parte di pazienti o familiari. Qui non ne ho mai viste. Il sistema tedesco ha ruoli chiari. Durante la pandemia, il sostegno della popolazione è stato evidente: “Ogni giorno le persone applaudivano i professionisti sanitari. Un gesto che ti dava molta fiducia”.


Oggi Andrea non pensa di tornare: “Vivere fuori ti cambia tanto: quando torno in Italia mi sento un turista, cosa che mi permette di apprezzare di più le cose che prima davo per scontato”. La Germania gli offre molto, anche dal punto di vista culturale: “Amo i concerti e qui ne ho vissuti di assurdi”. Insomma, “per ora, qui, sto bene”.

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Alessio Biondino

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