Un infermiere preso a insulti e sassate: “Torno al lavoro perché è la professione che ho scelto”


Il 12 marzo, in occasione della Giornata nazionale contro le aggressioni al personale sanitario, l’infermiere Bruno Bruschi era come sempre al lavoro, presso la centrale operativa emergenza-urgenza di Arezzo. Ha subito diverse aggressioni, Bruno, ma ne ricorda una in particolare, risalente a due anni fa, quando è stato aggredito a da un anziano che aveva richiesto soccorso (VEDI La Nazione). Quando i sanitari sono arrivati sul posto, l’uomo ha reagito con insulti, minacce e lanciando oggetti, colpendo Bruschi con un pugno alla spalla e causandogli cinque giorni di prognosi. L’episodio si è poi concluso con un processo.


“Quella è stata solo una delle tante aggressioni subite– racconta Bruschi – e ho riflettuto a lungo prima di sporgere denuncia. Volevo che fosse un gesto significativo. Lavoriamo sul territorio e, nel triage telefonico, queste situazioni sono all’ordine del giorno. Anche in quel caso, l’uomo si era mostrato aggressivo già durante la chiamata. Io ero sull’ambulanza infermierizzata, ma una volta giunti sul posto non ci ha permesso di svolgere il nostro compito, impedendoci di soccorrerlo. È stato un episodio assurdo, avvenuto in strada, davanti a testimoni, tanto che siamo stati costretti ad attendere l’arrivo delle forze dell’ordine. Ancora oggi non riesco a capire il motivo di quel comportamento, la sua chiusura nei confronti di chi era lì per aiutarlo. Questo è ciò che ferisce di più, ciò che lascia amarezza.”


L’esperienza di Bruschi è solo una delle tante che testimoniano la crescente violenza contro il personale sanitario. I dati parlano chiaro: nel 2024, ogni azienda sanitaria italiana ha registrato in media 116 episodi di aggressione, con un totale di quasi 25mila casi denunciati e un incremento del 33% rispetto al 2023. Ancora più preoccupante è il fatto che il 69% delle aggressioni negli ospedali non venga segnalato. Siamo costantemente sotto attacco – prosegue Bruschi – e questo porta inevitabilmente a stare sempre in allerta. Sono eventi che lasciano segni profondi, sia fisici che morali.”


Ma come si supera un’esperienza del genere? Come si trova la forza di tornare a lavoro sapendo che potrebbe accadere di nuovo? Bruno non ha dubbi: Torni perché è la professione che ti sei scelto ma soprattutto perché non ti senti abbandonato. Io devo dire grazie ai colleghi, all’ordine professionale, all’azienda sanitaria che mi è stata vicina. E che mi ha supportato anche quando poi ho deciso di metterci la faccia in una battaglia che è di tanti”.

Con il supporto dei suoi legali dello studio Buricchi, Bruschi ha scelto di non lasciar correre: “Dopo episodi come questo, si diventa inevitabilmente più diffidenti. In situazioni dove dovremmo mettere in campo le nostre capacità di dialogo e gestione dell’emergenza, ci troviamo invece di fronte alla violenza, e la paura prende il sopravvento.”


Giornate come quella istituita in Italia per sensibilizzare sul tema delle aggressioni al personale sanitario possono risultare molto utili per educare i cittadini a instaurare un rapporto più consapevole con medici e infermieri, soprattutto nei momenti di emergenza. “Capisco che alcuni protocolli possano sembrare difficili da comprendere – aggiunge Bruschi – ma sono procedure standardizzate a livello internazionale, pensate per garantire la miglior assistenza possibile.”

E proprio su questo, secondo Bruschi, bisogna lavorare: Serve un’educazione sanitaria da parte delle istituzioni. Le incomprensioni tra operatori e pazienti nascono spesso da situazioni di stress e paura, ma non devono mai sfociare nella violenza.”

Buona Festa dei lavoratori agli infermieri e a tutti gli operatori sanitari!

Alessio Biondino

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