La fuga
Eh sì, perché nonostante le tante promesse elargite in piena fase pandemica, ad oggi per i professionisti più bistrattati della storia dell’umanità è cambiato ben poco. E infatti non ci sono più giovani che scelgono il corso di laurea in Infermieristica, ai concorsi in Asst partecipano in pochi, le graduatorie si esauriscono in fretta e i pochi infermieri che ancora ci sono cercano altre posizioni lavorative. Addirittura, c’è chi si dimette senza aver trovato un altro lavoro, visto che non ce la fa proprio più.
Già prima dell’incubo Coronavirus si parlava di una carenza cronica e insostenibile di professionisti, che iniziavano a non reggere più il peso dell’intero sistema. E ora, dopo questi anni d’inferno, dopo essere stati abbandonati dalla politica e con la spada di Damocle delle sanzioni per l’obbligo ECM tra capo e collo a peggiorare l’attrattività professionale, gli infermieri non ne possono davvero più.
E adesso bisogna fare i conti col fatto che ospedali, cliniche, case di riposo, RSA, residenze per disabili, poliambulatori e le case di comunità (di cui si parla molto) rischiano di chiudere i battenti. A meno che, tra Super OSS, mini infermieri e via dicendo, non ci si inventi qualche stratagemma più o meno fattibile per tirare avanti.
La situazione a Lecco
Nei paesi OCSE, in media, si contano 8,8 infermieri ogni mille abitanti. In Italia, purtroppo, si scende a 6,2 e a Lecco, dove solo 2.000 infermieri risultano iscritti all’Ordine, si parla di 6 professionisti ogni 1.000 abitanti.
Numeri impietosi, che Fedeli commenta così: “I numeri parlano chiaro. In Italia abbiamo uno dei rapporti infermieri-abitanti fra i più bassi. Sempre meno diplomati scelgono il corso di laurea in Infermieristica. In alcune zone si fatica a saturare i posti messi a bando e negli ultimi anni la media è stata inferiore a 1,5 candidati per ogni posto messo a bando”.
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