Il problema delle ‘varianti’ del Sars Cov2 (inglese, sudafricana, indiana, ecc.), i cui contagi continuano a crescere in modo preoccupante in tutto il globo, sta allarmando non poco i cittadini: anche chi ha contratto già il virus e chi ha fatto il tanto sospirato vaccino, infatti, non si sente proprio più al sicuro.
Singola dose: ‘Chi ha già avuto l’infezione ha una risposta anticorpale migliore’
A fare un po’ di chiarezza c’ha pensato uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica statunitense Science, spiegato sul sito ‘Medical Facts’ del noto virologo e accademico italiano Roberto Burioni.
La ricerca dal titolo “Prior SARS-CoV-2 infection rescues B and T cell responses to variants after first vaccine” e pubblicata lo scorso 30 aprile è arrivata a una interessante conclusione: una singola dose del vaccino mRNA di Pfizer/BioNTech in chi è stato già contagiato dal Coronavirus migliora sostanzialmente le risposte anticorpali neutralizzanti contro le varianti.
Cellule T, cellule B di memoria e anticorpi neutralizzanti
Lo studio ha reclutato diversi operatori sanitari che, con o senza precedente infezione da Wuhan-Hu-1 SARS-CoV-2 (il Coronavirus cinese che ha scatenato la pandemia), hanno ricevuto la prima somministrazione del preparato Pfizer.
Ha poi analizzato le varie risposte delle cellule T e B nel siero degli interessati ed ha concluso che dopo la prima dose le persone con una infezione pregressa da Coronavirus (quello originario) hanno mostrato una maggiore immunità delle cellule T, una risposta anticorpale delle cellule B di memoria nei confronti della cima (spike) del virus e anticorpi neutralizzanti efficaci contro B.1.1.7 (la variante inglese) e B.1.351 (la variante sudafricana).
D’altra parte, i soggetti che hanno sì ricevuto una dose di vaccino, ma che precedentemente non avevano avuto l’infezione, hanno mostrato di avere un’immunità ridotta e una bassa protezione contro le varianti: le risposte cellulari T contro le mutazioni inglese e sudafricana, infatti, sono risultate essere abrogate o invariate a seconda dei polimorfismi dell’antigene leucocitario umano (HLA).
‘Diversi studi sono in corso nel mondo’
Un bel passo in avanti per capire che tipo di immunità (e per quanto tempo) ci lasciano l’infezione da Covid-19 e le diverse tipologie di vaccino; in attesa di altre ricerche che rendano sempre più chiara la questione.
Questione che, sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità, è affrontata così: “Farmaci e vaccini funzionano anche sulle varianti? Diversi studi sono in corso nel mondo per rispondere a questa domanda.
Al momento i vaccini sembrano essere pienamente efficaci sulla variante inglese, mentre per quella sudafricana e quella brasiliana potrebbe esserci una diminuzione nell’efficacia.
Per quanto riguarda i farmaci in uso e in sperimentazione non ci sono ancora evidenze definitive in un senso o nell’altro; tuttavia alcuni articoli preliminari indicano che alcuni anticorpi monoclonali attualmente in sviluppo potrebbero perdere efficacia.
I produttori di vaccini stanno anche cercando di studiare richiami vaccinali per migliorare la protezione contro le future varianti. A livello internazionale la comunità scientifica e le autorità di regolatorie stanno monitorando attentamente come cambia nel tempo il SARS-CoV-2 (il virus che causa il COVID-19) e quanto i vaccini COVID-19 possono proteggere le persone da eventuali nuove varianti del virus man mano che compaiono.”
Autore: Alessio Biondino
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